Qui Avignone
Nell’ultimo mese in Francia gli scioperi degli intermittenti dello spettacolo hanno portato all’annullamento di importanti festival. Lottano contro la riforma che restringe l’accesso ai sussidi di disoccupazione; ad oggi, denunciano, 6 disoccupati su 10 non sono indennizzati e questa riforma non farà che aggravare la situazione; da 11 anni lottano “perché l’indennizzo di disoccupazione diventi un vero sistema di solidarietà inter-professionale” tra tutti i lavoratori precari e ribadiscono “ciò che noi difendiamo, lo difendiamo per tutti“.
Anche il Festival di Avignone, uno dei più importanti d’Europa, è stato a rischio annullamento; dopo che sono saltati gli spettacoli inaugurali, il coordinamento nazionale degli intermittenti e dei precari ha deciso di sospendere gli scioperi; bloccarlo significherebbe spegnere uno dei motori turistici più importanti della stagione estiva francese.
Annullare un festival di arti sceniche in Francia significa dunque dare un grave colpo a tutta l’economia; nonostante questo, pubblico e cittadini francesi sono solidali dalla parte dei lavoratori in lotta.
Qui Napoli
Un’amara constatazione sorge spontanea: se in Italia i lavoratori dello spettacolo e della cultura sospendessero il Napoli Teatro Festival Italia (che con il Teatro Mercadante sta letteralmente distruggendo la reputazione teatrale di Napoli nel mondo) non se ne accorgerebbe nessuno e a perderci sarebbe solo la classe politica dirigente che continua attraverso la cultura a ingrassare se stessa. Questo Festival dopo tanti anni continua a non creare un legame con il pubblico, a non coinvolgere il territorio, continua a non avere nessuna ricaduta sull’economia cittadina. Se si interrompesse, verrebbe meno solo un potenziale bacino clientelare fondato sull’assunzione di sodali dell’assessore di turno secondo i criteri più iniqui dello spoil system. Su questa scia assistiamo all’annullamento delle competenze; i professionisti del settore, gli operatori e i curatori culturali, chi in questo campo si è formato ed ha esperienze specifiche, viene soppiantato da ruoli che non hanno nessuna cognizione nel campo dell’organizzazione e della cura artistica e culturale.
Le politiche culturali in Italia continuano ad essere totalmente dissociate dai contesti territoriali e dalle comunità di riferimento. Il risultato sono pompose kermesse vuote e di scarsa qualità in cui un pubblico sempre più esiguo viene richiamato più per il soddisfacimento di uno svago involontario che per una reale condivisione, mandando in fumo la straordinaria capacità di aggregazione e di costruzione di cittadinanza che l’arte e la cultura sono capaci di generare.
E’ in questo vuoto assordante che si inserisce la sperimentazione dell’Asilo e di tutti gli spazi autogestiti della cultura che si fondano sulla riappropriazione e la gestione diretta da parte dei lavoratori del settore e dei cittadini stessi, su pratiche innovative di produzione incentrate sulla cooperazione e sulla solidarietà, e su libere contaminazioni tra diversi campi dell’arte e della ricerca. L’occupazione del Teatro Valle a Roma non solo ha riconsegnato alla città un teatro chiuso, ma anche la città e i suoi cittadini al teatro. Incontri, dibattiti, assemblee pubbliche oltre ai tantissimi spettacoli, concerti, proiezioni ed eventi inseriti in un contesto di sempre libero accesso e organizzati attraverso pratiche di partecipazione diretta alla gestione delle attività e alla cura degli spazi, hanno generato un rinnovato desiderio di aggregazione, di affettività, di condivisione e ridato nuovo slancio e interesse per l’arte, per la creatività e per la sperimentazione. Un processo che rivitalizza alla base il rapporto tra cittadini e politiche culturali. Ed anche in questo caso, come stanno dicendo gli intermittenti francesi, “ciò che difendiamo, lo difendiamo per tutti“, la nostra non è una battaglia esclusivamente vertenziale ma riconduce a un più ampio risveglio collettivo.
Qui Roma
Su queste basi dunque appare ancora più paradossale la nota del sindaco di Roma Ignazio Marino che invoca una “soluzione finale” per la questione Teatro Valle, escludendo quanto fatto fino ad oggi dagli occupanti e invocando un bando di gara in collaborazione con il Mibac per l’assegnazione del teatro. Una mossa che mette in evidenza ancora una volta tutta l’arretratezza della classe politica italiana nei confronti della gestione della cultura. Marino ha l’occasione di confrontarsi non solo con uno straordinario processo reale che da tre anni rianima la moribonda vita culturale della capitale e che continua a ricevere importanti riconoscimenti internazionali, ma anche con un’innovativa struttura giuridica elaborata da pratiche e confronti con giuristi esperti che potrebbe rivoluzionare l’obsoleto sistema culturale prevedendo funzioni di gestione diretta dei lavoratori e dei cittadini, equi criteri di turnazione, di welfare. ecc.
Al contrario il sindaco preferisce rifugiarsi nel conformismo di procedure fallimentari trite e ritrite, come già è avvenuto in passato per i teatri dismessi dalla gestione dell’ETI, che condannerebbe il Teatro Valle a diventare o un’ennesimo teatro privato a programmazione commerciale (vedi Il Quirino a Roma) o una delle sale del teatro pubblico a gestione verticistica e partitica a programmazione commerciale (vedi la Pergola di Firenze), cancellando così tutta la sperimentazione prodotta fino ad oggi.
Crediamo che la mossa del sindaco Marino non sia esclusivamente frutto di mancanza di coraggio: alla base della lotta del Teatro Valle Occupato, dell’Asilo e di tutti gli spazi autogovernati c’è la necessità che l’arte e la cultura siano finalmente liberi e indipendenti non solo dal giogo del mercato ma soprattutto dal potere dei partiti politici, sottraendo le istituzioni pubbliche della cultura al controllo e alle pratiche di spartizione clientelare su cui si fonda da sempre il potere politico italiano. Ed è probabilmente questa “erosione di sovranità” che mette in crisi l’amministrazione romana e la classe dirigente al potere oggi in Italia.
L’appello per il Teatro Valle Occupato
Qui Milano
In questi giorni, a Milano, il Comune pare uscire da un lungo silenzio intorno alla questione degli spazi abbandonati, alla loro gestione e alle pratiche di autogestione che da anni restituiscono questi luoghi alla città attraverso forme innovative di gestione e di produzione culturale, con la proposta di aprire un tavolo di lavoro tra cittadine e cittadini. [leggi tutto]
Altri materiali
https://www.inventati.org/rebeldia/spazi-sociali/caromarino.html
http://www.macaomilano.org/articoli/24899/diario-di-una-caldaestate-come-triste-la-prudenza
http://www.macaomilano.org/articoli/25014/diario-di-una-caldaestate-elogio-della-pagina-bianca
http://www.globalproject.info/it/mondi/francia-louverture-di-avignone-in-sciopero/17471
http://www.teatrovalleoccupato.it/risposta-sindaco-marino-4-luglio-2014
www.teatrovalleoccupato.it/dopo-dichiarazioni-sgombero-ignazio-marino-sostegno-artisti