IN GINOCCHIO
storie di mafia
scritto ed interpretato da Luca Privitera e Elena Ferretti
regia Sergio Lo Verde
Costumi Elena Ferretti
Musiche Sergio Lo Verde e Anonima Dj
Disegno Luci Luca Privitera
Riprese Video Pavel Manta
Fotografie di Scena Raffaele Ferro e Antonio Gravina
Produzione Teatrini Incivili 2013 UltimoTeatro
Con il sostegno di Calfrika Music Festival, Comune di Castellana Sicula, Ass. Cult. Acuna Matata, Associazione Immigrazione, Libera Pistoia
per
IN TRANSITO
rassegna di arti sceniche da altrove
EX ASILO FILANGIERI
sabato 8 marzo ore 21
Le credenze! La morte! La povertà! Il rancore! La santità! La ricchezza! La crudeltà! Il sangue! La quotidianità! L’abbandono!
Un uomo ed una donna, la loro storia.
Lui sconta il 41 bis, è un killer di mafiosi perché ha deciso di farsi giustizia da solo. Dialoga con la sua rabbia deridendo le follie e le assurdità che portano molte persone a diventare mafiose, a sfruttare il proprio potere e la propria posizione di privilegio per ingannare il prossimo. Oramai stanco di quello che succedeva intorno a lui, nella sua terra, tra la sua gente, invece di migrare come in molti decide di fare piazza pulita intorno a se. Fa parte del popolo, probabilmente un mafioso inconsapevole.
Lei sconta il 416 bis ed è una delle tante mogli della mafia, parla della mafiosità, del sistema mafioso, della famiglia, dei codici d’onore. Interroga il mondo ma soprattutto se stessa sulla perdita di ogni senso e di umanità. Non è una pentita, anche se potrebbe sembrare. E’ un’illusa, una fragilità ingenua catturata dal concetto dei robinhood, dagli eroi, del sud malfamato ed ignorante dove si ruba ad i ricchi e si pensa alla salvazione dei poveri. Una donna semplice, in un certo senso ricca.
Entrambe chiusi in una cella, dialogano con un’ipotetico giudice. Un intreccio di due storie che vanno di pari passo sino a diventare un’unica storia. La storia di due dimenticati a cui è stato rubato tutto, anche la dignità.
Dove la vita ha insegnato loro cos’è la vendetta.
Note Come sempre scriviamo i nostri testi per proporre indagini antropologiche sugli usi ed i costumi del contemporaneo, consumato e consumista, con la speranza che facendo così si riesca a dare un colpo di umanità ai marcescenti risultati che l’oggi e la nostra storia producono.
Questa nuova fatica a cui abbiamo lavorato per più di un anno è stata realizzata con la regia e la consulenza di Sergio Lo Verde, che oltre ad essere uno dei co-fondatori di MandarinArte (progetto residente nel podere confiscato alla famiglia Greco, presso Ciaculli di Palermo) è artista e grande uomo delle terre di Trinacria, che lotta da oltre trentanni attraverso il suo mestiere e con tutto se stesso, quella che sembra essere definita dai molti la “piaga del sud”. In questo periodo di residenze varie in Sicilia, con delicatezza ed entusiasmo, ci ha accompagnati in questo nostro nuovo viaggio all’interno della società della violenza e della disperazione, che oramai sembra caratterizzare le migliori democrazie occidentali e non.
Abbiamo deciso di portare in scena questo progetto, non solo perché io, Luca Privitera (attore e co-autore), sono uno dei tanti figli di coloro che sono scappati dalla propria terra a causa di questo grosso tumore chiamato “Mafia”, ma soprattutto perché è sempre più evidente che il malaffare e la delinquenza organizzata di stampo mafioso non sono più un problema esclusivo della bassa Italia, ma un problema dilagante e nazionalizzato, in tutti i fronti ed in tutte le sue sfumature. Un problema difficile da debellare e che negli ultimi cinquanta anni ha messo radici anche nell’estremo nord della penisola, attraverso: l’edilizia, la sanità, l’istruzione, la speculazione, lo sfruttamento, la droga, gli appalti, il mercato, i rifiuti, le istituzioni, la politica.
In Ginocchio non è un spettacolo autobiografico e tanto meno biografico, è una sorta di diario dove sono stati appuntati tutti quei comportamenti e quelle caratteristiche della mafiosità raccontate attraverso la bocca dei cattivi. Del “come” e del “perché” si diventa boss o affiliati. Certo come messaggio è provocatorio, come in fondo lo sono tutti i nostri lavori, ma è una drammaturgia chiara e lucida, per denunciare tutti coloro, soprattutto noi persone comuni e giudici indefessi di tutto questo, che nella nostra continua indifferenza ed ignoranza abbiamo permesso e permettiamo tutt’oggi che tutto questo avvenga. In una totale normalità ed in una normale accettazione delle conseguenze.
Note di Regia Dopo anni di lavoro sociale nei territori dove la mafia alimenta con azioni subdole la cultura della corruzione e dopo aver costatato che la donna è quella che inconsapevolmente alimenta e mantiene saldo il proliferare della cultura mafiosa, ma allo stesso tempo è quella che si rende conto che il futuro dei suoi figli è solo la morte, ho cercato di dare un taglio registico allo spettacolo facendo emergere l’umanità femminile come leva per un cambiamento reale e culturale.
Brevi Notizie su Sergio Lo Verde Lavora da più di trent’anni nei quartieri a rischio di Palermo, attraverso il teatro di strada e le arti circensi, con l’associazione Acuna Matata ed il progetto Tavola Tonda. Ha collaborato con Pepe Robledo (Compagnia Pippo del Bono), Jerzy Grotowski, Eugenio Barba, Mimmo Cuticchio, Wolf Gaudlitz, Roberta Torre. Attualmente conduce il progetto di teatro-forum “vedo, sento, parlo” ed è co-gestore del Progetto di Sviluppo “Mandarinarte” all’interno del podere confiscato alla famiglia Greco a Ciaculli.
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