L’8 gennaio 2016 La Repubblica Napoli ha pubblicato questa nostra lettera.
Leggendo alcuni commenti pubblicati a proposito della delibera emanata sugli spazi di vico Maffei a Napoli, non possiamo fare a meno di notare la presenza di mistificazioni che si ripetono: illazioni contro l’Asilo da parte di chi – da Gianni Lettieri a Manfredi Nappi – recita in funzione d’accusa il mantra della campagna elettorale, dichiarando però la propria candidatura alle elezioni. È farsesco, a pensarci; e, come in una farsa, basta un poco d’ingegno per capire l’artificio di chi vuole tramutare una sterile polemica in voti.
Dunque, ci preme restituire un po’ di verità almeno su tre punti: la delibera che non assegna, il collettivo che non esiste, la legalità a corrente alternata.
Primo punto: la delibera riconosce un nuovo modello di uso pubblico collettivo, frutto di un innovativo sistema di regole e principi, grazie al quale i singoli, uti cives, godono non solo di poteri di accesso al bene, ma anche della facoltà di co-decidere le attività al suo interno; l’amministrazione è estranea alla programmazione culturale, restituita agli operatori del settore, e un comitato di garanti esterno, di cui anche l’amministrazione è parte, verifica e coadiuva il funzionamento del sistema autonòmico nel proprio complesso: un “uso civico e collettivo urbano” che riscopre ed insieme reinventa un antico istituto, con lo scopo di garantire l’attraversamento dello spazio a una molteplicità di soggetti, e non soltanto ad una singola associazione o ad un solo collettivo. Si tratta di un inedito strumento amministrativo, oggetto di studio in conferenze e seminari (solo negli ultimi mesi se n’è discusso a Parigi, a Budapest, a Stoccolma e in numerose città italiane), riviste scientifiche di settore e libri di testo universitari. Inoltre, altre esperienze amministrative hanno già approvato (a Chieri) o si apprestano ad approvare (a Milano) delibere che riprendono esplicitamente pezzi della dichiarazione de l’Asilo. Dunque, chi dice di parlare da avvocato, dovrebbe quantomeno avere l’onestà intellettuale e scientifica di riconoscere l’esistenza, se non la valenza, di un dibattito di tale portata.
Secondo punto: il collettivo “la Balena”, che a marzo del 2012 occupò i locali in segno di protesta contro il Forum universale delle Culture, su cui molti avrebbero voluto lucrare e che si è rivelato un evento fantasma, si è sciolto da più di tre anni dopo quel gesto conflittuale e necessario. Fa sorridere che tanti di quelli che oggi fanno propaganda elettorale lamentando l’assenza di spazi per associazioni e singoli non si avvedano che all’Asilo sono proprio simili realtà a trovare quotidianamente asilo. Forse costoro pensano solo alle proprie associazioni di carta, visto che quelle serie, che provano a tirare per la giacchetta, le mandano fragorosamente a quel paese (come è successo pochi giorni fa con la risposta della famiglia Scarpetta-De Filippo alla “strumentale” proposta di Lettieri di fare dell’Ex Asilo Filangieri la sede della Fondazione De Filippo). D’altronde, come testimonia uno degli atti ufficiali allegati alla delibera, circa 1500 realtà produttive hanno utilizzato gli spazi e i mezzi de l’Asilo. Qui, dunque, non è una balena inabissata a fare attività, ma tantissime realtà. Solo nelle ultime settimane sono stati organizzati tre laboratori di danza, due di teatro, uno di cinema, l’incontro con la compagnia teatrale Motus, mostre di fotografia, la “settimana dello studente” del Liceo classico Umberto I su Pasolini, lo spettacolo del Liceo Coreutico di Mondragone, il corso di italiano per migranti a cura di Insegnanti senza frontiere, una rassegna internazionale di danza contemporanea, il Grande Vento, partecipatissima manifestazione nata proprio come critica alla politica dei grandi eventi, alla quale hanno preso parte centinaia di artisti. E come non ricordare le iniziative delle università Federico II e l’Orientale, del Goethe-Institute, dell’Institut Francais, di Giuristi Democratici, del Festival del Cinema dei Diritti umani e di tanti altri.
Infine, a chi agita il tema della legalità come una banderuola, ricordiamo l’abc della democrazia: senza il conflitto, questa non esiste. Così come senza l’occupazione delle terre non sarebbe esistita la riforma agraria, senza gli scioperi (illegali) nelle fabbriche non esisterebbe il diritto sindacale, senza la galera di Rosa Parks e Mandela dal Sud Africa agli Usa ci sarebbero ancora gli autobus coi posti riservati ai bianchi. Noi questo imprescindibile nesso, invece, lo ricordiamo ogni giorno, e non soltanto quando si parla del movimento degli artisti e dei lavoratori della cultura, ma a tutte le latitudini, dalla Val Susa a Bagnoli, dal Kurdistan alla Palestina. E forse, è proprio questo che spaventa chi vorrebbe una legalità arroccata sul fortino dei divieti e della repressione. Al contrario, c’è gente che spende tempo, competenze e risorse per questa città senza chiedere nulla in cambio; che non aderisce allo sport nazionale della critica sterile e supponente da dietro una scrivania; che la cittadinanza attiva non la fa con gli esposti infondati, e perciò comprensibilmente senza esito, ma prendendo in mano la cura del proprio territorio. Come faceva Tonino Oltratini, che ci ha lasciato ieri ed a cui eravamo molto legati: custode comunale, che insieme ad altri straordinari colleghi ha garantito l’apertura degli spazi con una presenza costante; un abitante dell’Asilo, che dava molto più di quanto il suo lavoro richiedesse, rimanendo nello spazio volontariamente oltre l’orario di lavoro. Ciò che accade dentro l’ex Asilo Filangieri dal 2012 è una strana e contagiosa follia, che in Chiapas definiscono così: para todos todo, nada para nosotros. Non è detto che tutti capiscano lo “zapatese”, ma che almeno leggano la verità dei fatti è doveroso.
l’Asilo – comunità di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, dell’arte e della cultura