Forum delle Culture Occupato | Napoli
domenica 4 marzo 2012
assemblea pubblica su politiche culturali
Sono intervenuti: Francesco Ceci, Agostino Ritano, Marcello Sannino, Subcava Sonora, Giulio Baffi, Dario Stefano Dell’Aquila, Delirio Creativo, Collettivo URTO, Assemblea Permanente per le Arti Sceniche.
IL TEMPO E’ SCADUTO, analisi delle politiche culturali nazionali ed internazionali e del loro immediato sviluppo
La politica dei grandi eventi è fallita, l’impatto è transitorio e non si radica sul territorio, manca l’elemento della stanzialità. Ciò che ci preme è che da questa assemblea emergano delle urgenze e non delle emergenze, che la politica culturale che ci interessa costruire e portare avanti sia quella del desiderio.
Al terzo giorno di dibattito ci si pone il problema del come proseguire la nostra azione politica. La cosa preminente è raccogliere le idee in una dimensione pubblica.
L’iniziativa non esprime un’istanza di rappresentanza ma una rivendicazione a fare, al diritto ad agire, facciamo un lavoro e pretendiamo di poterlo fare.
L’esigenza è di andare oltre il rito della democrazia partecipata.
Questo passo, naturalmente, pone dei problemi:
-come si costituisce la cosa pubblica?
La dimensione non è economica ma eminentemente politica, e la risposta immediata è che in un sistema verticistico la direzione etica non può non essere ascendente.
Se il pubblico privatizza, ci si pone il problema di “reinventare”, il che implica responsabilità verso gli altri, gli interlocutori, il pubblico.
Altra questione centrale è la “destinazione d’uso degli spazi pubblici”: un’esperienza sul territorio è quella del villaggio di case botteghe per artisti a Piscinola che ha rappresentato un mero atto politico, il quale, non avendo un reale contenuto, non esprimendo una reale urgenza, è fallito!
Rispetto all’arte si pone il problema della necessaria, insita, libertà dello svolgimento della prestazione di lavoro. Questa fondante libertà comporta, come altro lato della medaglia, sotto il profilo amministrativo, la discrezionalità come criterio di scelta, di attribuzione, di regolazione del lavoro e dei processi culturali, che non essendo economicamente rilevabili con i soliti strumenti, quelli del valore, diventano materia del tutto deregolamentata e quindi sottoposta ad una discrezionalità che non garantisce la qualità del lavoro sia sotto il profilo della “prestazione creativa” sia sotto quello della produzione culturale che ne risulta.
Il paradosso conseguente, per esempio, è che nei centri di arte contemporanea privati, nelle le case d’asta, si sono elaborati e determinati procedimenti di fatto “fuori” dal processo della produzione culturale.
Altro esempio è relativo al bando di attribuzione degli immobili pubblici, in cui i criteri di discrezionalità posti a fondamento della scelta dei soggetti legittimati a beneficiarne vengono immediatamente connessi alla libertà ed alla flessibilità connaturata al lavoro culturale.
In Europa assistiamo, tuttavia, a modelli virtuosi:
-quello della Francia, per esempio, in cui lo stato investe, attiva, protegge la cultura. Si tratta dell’istituzionalizzazione delle politiche culturali attraverso azioni positive (finanziamenti e destinazione dei finanziamenti). Procedimento del tutto inverso rispetto a quello italiano della devoluzione delle politiche culturali al privato.
-il modello anglosassone è caratterizzato da uno stretto rapporto tra arte e finanza, in cui questi 2 elementi vivono dello scambio.
Nel resto del mondo le capitali artistiche (Shanghai, per es.), sono state anche le capitali della finanza. I distretti del Nord America accolgono modelli di casa bottega in cui si allevano artisti come poli da batteria (sta nella storia dell’arte: i grandi fiamminghi non li avremmo avuti senza i grandi mercanti).
In Argentina tra il 2001 ed il 2006 dalla crisi economica si viene a creare un sistema di reciproco sostegno senza luogo fisico (es. banca delle opportunità).
A Napoli il rapporto tra arte e finanza non è così immediato, la libertà che deriva dall’assenza di risorse può indurre a un sistema che si autoregge.
Infatti la primavera bassoliniana fu preannunciata dal movimento monumenti porte aperte, a costo zero. La seconda puntata vide la partecipazione di circa 500.000 persone. Il pregio fu la connessione della dimensione civile con la dimensione culturale.
Anche il forum delle culture sembra stia andando verso il costo zero perchè è il costo zero che crea risorse e quindi la base di valorizzazione.
La 3 giorni ed il concetto del fare
L’opera parla più di molte parole; ma l’azione in tal senso dà un contenuto, un valore immediatamente percepibile, proprio partendo dal concetto di desiderio.
La presenza di molti operatori culturali all’assemblea di oggi, dà atto a questa necessità, esigenza, urgenza condivisa del fare.
Non è più il tempo delle scadenze. Bisogna interrompere il flusso che porta alla deriva.
La nostra urgenza è quella di dare attuazione ad una Politica del desiderio, che non intende rapportarsi a scadenze burocratiche ma che si pone come realtà politica, laboratoriale e sperimentale in divenire.
Rispetto alle istituzioni c’è una difficoltà, perchè ci rapportiamo ad un horror vacui.
Lo sviluppo della cultura non può procedere in favore di un suo uso privato.
Questo non significa non discutere delle risorse pubbliche sulle politiche culturali, come vengono investiti questi soldi è un problema comune, collettivo.
Copyright/Copyleft
Da anni si assiste in Europa ed anche in Italia ad un’importante discussione e pratica del superamento del “diritto d’autore” comunemente garantito dal diritto degli stati attraverso il sistema del Copyright, per il quale tutti i diritti sono riservati.
A questo sistema si oppone la pratica del Copyleft che tiene dentro l’idea di non commercializzazione dei contenuti ed insieme quella di liberarne la circolazione.
Nonostante la rete, non si abbandona la necessità del copyright. In tal senso, la riduzione del consumo del prodotto culturale non è legata ad un disinteressamento del pubblico, ma a costi elevati. L’iscrizione alla SIAE determina costi alti per la produzione culturale.
Non c’è redistibuzione.
L’interesse dell’autore, dell’artista è la diffusione del suo prodotto, evitando di cascare nella trappola di pagare gli uffici stampa, case discografiche che condizionano e limitano il lavoro creativo.
Se eliminiamo questi meccanismi di filtro e mediazione si attivano produzioni autonome ed indipendenti: per andare avanti si ha bisogno di non avere un padrone (mecenatiscmo), in virtù dell’urgenza di un riconoscimento immediato tra l’artista ed il pubblico.
Questa è l’esperienza attivata da SubcavaSonora a Soccavo (quartiere dormitorio di Napoli): lo sviluppo dal basso senza costi per gli artisti. I mezzi già si hanno, si devono attivare!
L’occhio riabilitativo dell’arte
Il modello biopsicosociale è estremamente carente sotto il profilo “sociale”. C’è un potenziale enorme di prevenzione sociale nelle arti perfomative. Un legame tra il corpo la vita e la morte.
La responsabilità si allarga anche, quindi, all’immediato tessuto sociale del territorio in cui si lavora. L’occhio riabilitativo dell’arte. Curiosa coincidenza è che il pronto soccorso sia il luogo dell’emergenza ed i teatri quello delle urgenze.
Discorso affine può essere quello del superamento della dicotomia cultura alta cultura bassa. Il problema non si pone nei confronti del pubblico preparato ad ascoltare le forme più differenti.
Il ruolo della formazione è quello di consentire al maggior numero di persone possibile l’accesso alla cultura, anche rispetto al problema della provincia. Il rischio è una autoreferenzialità del discorso, quando il grande problema è portare dentro chi è fuori dal mondo della fruizione della cultura.
Quindi un accento sul fondamentale discorso della formazione.
Maurizio Zanardi: Analisi della 3 giorni
Quello che è successo, che sta succedendo qui ed ora non succedeva da vent’anni.
Se collettivamente non facciamo un’archeologia di ciò che è successo in questi 20 anni non andiamo avanti: è indispensabile cominciare a pensare a ciò che è successo: a concatenare ciò che è separato e metterlo insieme (concetto deleuziano di pensiero).
C’è stata una frammentazione inaudita in questi anni, finchè si è trattato di attingere ai fondi nessuno ci ha pensato. Solo oggi che i soldi sono finiti, con i tagli, si sta cominciando a pensare a quanto è successo. Oggi, dopo 20 anni, si ha il coraggio di dire che i musei (che non sono più la forma decisiva di presentazione dell’arte) sono superati, non si è voluto discutere, fino ad oggi su questo!
La politica va tutta riscritta, una riscrittura delle regole della convivenza civile, sociale, culturale, quindi politica.
Basta con la dinamica dell’essere contro un ceto politico spesso miserabile: la politica da inaugurare è quella della sottrazione, non dell’antagonismo!
Bel problema è quello di ricostruire una forma organizzativa. C’è, quindi, bisogno di tempo.
Costruire una potenza di pensiero sulla città: la politica è molto di più del governo, e vi entrerà in relazione sulle condizioni che la politica dei cittadini, dei soggetti attivi pone. Fino ad ora l’esigenza è stata quella di essere impiegati, non di porre condizioni.
Basta col governo che viene a tagliare il nastro dell’inaugurazione perchè l’uomo politico ha solo lasciato che il flusso seguisse il suo corso.
Quì si potrebbero trasportare esperienze e linguaggi internazionali.
Dobbiamo essere rigorosi sulla questione dell’arte. No al teatro civile, Si al teatro astratto, folle! Non ci serve l’ennesima Gomorra rappresentata, ci sono linguaggi che se ne fottono della civilizzazione!!!
Urgenze
In questi giorni è chiaro che parlare di cultura pone la difficoltà di mettere insieme i vari segmenti, perchè al comune bisogno di rinnovamento delle strategie risponde un differenziazione radicale degli strumenti.
La nostra urgenza è sviluppare un nuovo orizzonte!
Questo è ciò che stiamo facendo anche attraverso una grossa partecipazione e quindi una necessità condivisa con la collettività; inserendoci nei percorsi di coscienza che interrompono i processi della filiera. La produzione culturale non può risolversi nel profitto o nella visibilità. Rivendichiamo il quì ed ora che esplicitiamo nell’azione, la nostra è quella di chi a questo processo vuole contribuire. Inauguriamo un tempo nuovo, perchè è scaduto il tempo di dare delle scadenze alla cultura. È scaduto il tempo del mecenatismo, della committenza, della passione fine a se stessa. Cosa può fare l’istituzione circa il diritto di esistenza della cultura che si fonda sul solco che traccia? Garantire l’indipendenza della cultura, dotandoci di una serie di strumenti che ci rendano contemporanei, perchè attualmente lavoriamo con strumenti del medioevo.
Inauguriamo una nuova stagione del conflitto che superi la dialettica del rapporto tra passato e futuro, tra pubblico e privato, tra sindacato e operaio.
Stiamo realizzando un atto di resistenza (la capacità dell’uomo di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente). Sotto questa ottica il corpo è centrale perchè è l’esperienza che va sentita. Il principio applicabile è esattamente inverso rispetto a quello storicamente diffuso: il corpo capisce prima ciò che la mente poi rielabora.
“La cultura non è negoziabile, ma quale costo zero, noi vogliamo cambiare il sistema!”
Questa forza messa in pratica non si esaurirà, noi continuiamo, ed immaginiamo le possibilità perchè le desideriamo.
Altra urgenza, quindi, è quella di incanalarci in un discorso che Maurizio Zanardi definisce della sottrazione, che implica una naturale, inevitabile distanza dalle istituzioni e che si fonda sulla frequentazione quotidiana delle esperienze.
La comunità si nutre e si lascia contaminare dai singoli, sentiamo la necessità di tornare ad essere una comunità cantante.
Altre realtà (DIFFERENZE) attualmente attive sul territorio napoletano nel settore della cultura
L’esperienza realizzata dal collettivo -URTO- rete informale, entrata al pan il 7 marzo 2011 si pone come obiettivo lo sviluppo dell’arte contemporanea. Si tratta di una compagine composta di artisti, critici, filosofi, progettisti culturali.
In questo tempo hanno proposto vari tipi di intervento:
-cicli di conferenze su: poetiche di un museo; la capacità di organizzarsi degli artisti dell’arte contemporanea;
-trasformazione della dialettica attraverso una mostra: “oltre la paralisi”, in cui hanno inserito anche momenti performativi.
Problematizzano vari punti: come abbiamo intenzione di comunicare alla comunità civile, non agli intellettuali, quello che sta avvenendo e quindi l’introduzione dell’audiance.
Certo la risposta sta nel concetto di azione e di pratica!
Il discorso si declina, poi, sulla questione dell’impresa culturale, sulla competizione con il main stream, sulla competitività nel mercato, nel senso che la filiera deve creare sviluppo; il mecenatismo è un dovere (del mecenate di promuovere e finanziare l’arte senza condizionarla), la cultura produce sviluppo economico, l’importante è assumersi la responsabilità di farlo.
Interessante è il lavoro sulla connessione, auspicato dall’Assemblea Permanente per le Arti Sceniche, e sul tema dello scambio tra realtà che hanno scelto diverse strategie pur avendo a cuore la medesima preoccupazione, quella dello stato attuale dell’arte e della cultura, e della possibilità di generare il cambiamento. Al Pan, attualmente 6 tavoli hanno cominciato a dare i nomi alle cose, rielaborando le politiche culturali:
-quale futuro per la cultura;
-riconsiderazione professionale
-sistema delle residenze
-musica
-teatro pubblico
-legge regionale e uso dei fondi POR