Dopo una settimana di occupazione parte il laboratorio costituente della Cultura come Bene Comune
La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente. (Albert Camus, L’uomo in rivolta, 1951)
L’ex Asilo Filangieri, evidentemente sottoutilizzato perché privo di una reale destinazione d’uso diventa l’Asilo della Conoscenza e della Creatività, luogo dove una moltitudine sperimenta e sviluppa in maniera permanente, con tutte le forze e risorse attive da tempo nel territorio, l’insieme delle attività e dei processi produttivi della creazione.
In questa prima settimana di cura del terzo piano dell’immobile si sono innescate una serie di suggestioni a partire dall’immagine dell’asilo. L’Asilo è quel luogo nel quale il singolo sperimenta per la prima volta la socialità, che nella frequentazione quotidiana fonda la comunità. La comunità si nutre e si lascia contaminare dalla creatività dei singoli, sviluppando un nuovo modello di autoformazione e produzione collettiva.
Quotidianamente si stanno sperimentando pratiche di connessione e ricombinazione della forza-lavoro immateriale e cognitiva, dagli artisti ai ricercatori, ovvero tutte quelle figure concrete che producono ricchezza sociale sfuggendo strutturalmente alla misura classica del tempo di lavoro. L’importanza epocale di questa pratica ricompositiva va nella direzione di una giusta retribuzione per tutti, un reddito universale ed incondizionato sganciato dalla prestazione lavorativa, che consenta l’autodeterminazione della forza-lavoro immateriale e cognitiva e, poi, la sottrazione dal ricatto della precarietà, e anzitutto permetta di dotarci di mezzi in grado di produrre autonomamente reddito.
L’art. 9 del Manifesto redatto a conclusione del Forum dei Comuni per i Beni Comuni e a firma, tra gli altri, dell’Assessore Alberto Lucarelli annuncia: “L’Attiva prosecuzione del confronto iniziato a Napoli con i movimenti e le forze sociali che si battono per i beni comuni e che mettono in atto pratiche dirette, anche tramite l’aperto riconoscimento politico che le occupazioni di immobili per esigenze abitative, sociali o culturali direttamente collegate ai valori costituzionali costituiscono un legittimo esercizio di diritti costituzionali e una valida pratica di cittadinanza attiva. Nessun amministratore presente richiederà né autorizzerà l’utilizzo della forza pubblica al fine di risolvere vertenze sui beni comuni.”
La sfida dei beni comuni è quella di costruire nuove procedure istituzionali, ricomponendo quella frattura costitutiva del rapporto tra cittadinanza ed istituzioni, che segna in particolar modo la crisi della democrazia rappresentativa. In questa sfida, il rischio sempre presente è quello di cedere da un lato alla cristallizzazione dei processi, dall’altro ad una dinamica meramente antagonista, ovvero di riconoscimento dell’istituzione come un potere altro, mentre è evidente che i processi in atto sono già istituzioni nuove.
L’interregno tra vecchie istituzioni e nuova istituzionalità scatena inevitabilmente un effetto inquietante.
E infatti l’occupazione è stata lo strumento necessario per interrompere la deriva che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni delle politiche culturali nazionali e locali. È il momento di espandere questo strumento, di smorzarne la natura antagonista e trasfigurarne il senso. È il momento di occupare la cultura, i suoi luoghi, occuparsene, averne cura. È il momento di difendere la bellezza, la socialità, l’immaginazione e anche le contraddizioni prodotte in queste giornate di lavoro, che segnano indelebilmente la nascita di un percorso costituente verso la cultura come bene comune.
L’Asilo della Conoscenza e della Creatività, deve continuare a vivere anche con una logistica diversa o di altra natura, ma a partire dalle rotte intraprese che vanno a definire gli ambiti non negoziabili di Pensiero, Fruizione e Produzione. Uno spazio di creazione e produzione autonomo; un esperimento politico a partire dalle pratiche dei beni comuni rispetto alla cultura e ai suoi spazi; un processo di formazione permanente; un osservatorio sulla pianificazione delle politiche culturali.
In ultima istanza, ciò è interamente possibile a partire dall’abolizione di ogni barriera strutturale e logistica, che limiti il libero accesso, l’attraversamento dei locali del terzo piano dell’ex-Asilo Filangieri, e definisca uno spazio che ricorda più una piazza che uno spazio assegnato.