Ex Asilo Filangieri: soluzioni anticrisi made in Napoli
di Gianmaria Tammaro
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La Balena non è, come dicono giornalisti e politicanti, un’associazione. La Balena è un movimento, un movimento politico e spontaneo; un movimento che è nato a Napoli il 2 Marzo 2012, e che ha a cuore gli interessi della categoria dei lavoratori dello Spettacolo. O dell’Immateriale, per dirla più sottilmente: cultura, scrittura, teatro, musica, ecc. Sono stati loro, i lavoratori, ad occupare – anche se solo in principio – l’ex Asilo Filangieri e sono stati sempre loro che, dopo qualche tempo, si sono dati un regolamento: la gestione di un bene pubblico nelle mani di chi lo utilizza. E questo, attenzione, non significa che la Balena e i diretti interessati ne vogliono acquisire la proprietà: quella – e la titolarità – resterebbero al Comune, che, al contrario, ne dovrebbe concedere l’uso ai fruitori. Mi spiego meglio: se lo usi, è tuo; se non lo usi, devi lasciarlo a chi è intenzionato a farlo.
Da Marzo a oggi, Agosto 2013, la comunità – perché di questo si tratta – dell’ex Asilo ha messo in scena spettacoli, ha creato laboratori teatrali e culturali; ha permesso a tantissimi di trovare uno spazio dove esprimersi e – sembrerà incredibile – lavorare. Perché, tirate le somme, è proprio questo quello che manca: un posto in cui poter lavorare. A Napoli ci sono tanti beni in disuso e anziché rivenderli, o concederli in base a principi non sempre meritocratici e trasparenti, il Comune potrebbe affidarsi all’autogoverno delle comunità interessate. Che, attenzione ancora una volta, non sono chiuse o sempiterne o decise a tavolino: si rinnovano ogni mese, ogni giorno; ogni volta che c’è un’assemblea. È la sovranità che viene restituita alla cittadinanza; è il teatro che ritorna allo spettatore; è la professionalità di una categoria che ha la possibilità di esprimersi.
Viviamo in un periodo particolare, un periodo in cui le crisi – istituzionali ed economiche – la fanno da padrone. Questa, quella della Balena, è una possibile soluzione: uno start up dal basso, un ricominciare dai diretti interessati, dal piccolo e dal cittadino, che porti lavoro, innovazione e – cosa fondamentale – educazione. Alla politica, allo spettacolo, al bene comune. La lotta, non armata ma culturale, che si sta svolgendo all’ex Asilo Filangieri ha come obiettivo quello di rivoluzionare la gestione degli immobili. È un esempio a cui tanti, in tutta Italia, si stanno rifacendo. E non è un caso se tutto ha avuto inizio a Napoli: dopo il Teatro Valle, è questo il vero centro della rivolta silenziosa di una categoria, di un settore intero. Si ricostruisce insieme, si partecipa, si propone e si conosce; ci si rispetta l’un con l’altro e si decide per consenso. Non è populismo, ma democrazia partecipata. Un sistema non limitato all’Italia, ma diffuso in tutto il mondo; un sistema che può rappresentare una svolta rispetto alla negatività del mercato. Uso pubblico non significa finanziamento pubblico; democrazia partecipata non significa democrazia di pochi.
All’ex Asilo si prova a sperimentare andando contro le tendenze politiche e sociali; non sono riconosciuti i partiti, non è un movimento “colorato”. È un movimento di addetti e di cittadini, di diretti interessati e non; la possibilità per il singolo di riconoscersi in una comunità e di partecipare alla vita della sua città, di gestire i propri bene – perché i beni pubblici sono dei cittadini, non del Comune – e di riprendersi la propria sovranità. A Napoli, la crisi si combatte anche così. Ora si aspetta una risposta della Giunta: dopo la promessa di un tavolo comune, si spera nell’adozione, previa delibera, del Regolamento stilato in seno all’assemblea dell’ex Asilo Filangieri. La palla, insomma, passa ancora una volta nelle mani di De Magistris e Assessori: sapranno mantenere uno dei punti cardine della campagna elettorale di 2 anni fa? Sapranno rappresentare – finalmente – la rivoluzione culturale di Napoli? L’ex Asilo, nel suo piccolo, lo sta già facendo.