nero_scampia_mario_spada_movimenti_fotografia_01_nero_scampia_mario_spada_movimenti_fotografia-web

LETTERA DI UN NOMADE
A CASA SUA

di come presi coraggio e imparai ad amare Napoli 

L’altra sera passeggiavo per la mia città, di ritorno da una Roma afosa e brulicante di sgomberi e rigurgiti di violenza indotta nelle periferie. Brutta aria quella che tira nella capitale, in cui sguazzano bene politici in doppio petto e personaggi che fanno “impresa” con i soldi delle catastrofi (terremoti, alluvioni, G8 e simili “grandi” eventi, roba che a Napoli fortunatamente non si è mai vista). Avevo letto su Repubblica del 28 luglio un’intervista a Gianni Lettieri, che descriveva una città ai margini della vivibilità, in balìa di pericolosi occupanti abusivi, invasa da criminosi clandestini… Pur essendo abituato alle nostre difficoltà quotidiane, per un attimo mi sono davvero preoccupato chiedendomi cosa stesse accadendo.

Così, per respirare un poco, ho deciso di uscire la sera stessa. Per vedere che aria tirava, non volevo andare per l’ennesima volta in quell’oasi che è l’Ex Asilo Filangieri, dove da circa tre anni e mezzo si susseguono laboratori musicali e di danza, rassegne di filosofia, cinema e teatro, spettacoli di ogni genere d’arte, grazie ad una forma di gestione innovativa di un bene pubblico. Lì, dove si sta costruendo un “centro di produzione interdipendente”, negli ultimi tre anni ho incontrato Romeo Castellucci, Jan Fabre, Chiara Guidi, Bob Ostertag, Enzo Moscato, i musicisti di Dissonanzen e di Decibel Ensemble, Gerardo Marotta,  Stefano Rodotà, Ernest Pignon-Ernest, Roberto De Simone, Tomaso Montanari, Antonio Rezza e Flavia Mastrella – solo per citare i primi nomi che ora mi vengono in mente mentre passeggio.

Dunque, dicevo, per cambiare un po’ aria, mi sono fatto convincere da un volantino e sono andato a vedere “La madre” di Brecht, regia di Carlo Cerciello, in scena all’Ex Opg Occupato, una struttura magnifica, con tre campi di pallavolo, uno di calcio, un teatro, chiusa da decenni e riaperta alla città da un collettivo che non solo ha svelato per la prima volta questo luogo sconosciuto a migliaia di napoletani, ma ne ha ribaltato la destinazione d’uso, trasformando le celle di un ex manicomio giudiziario in spazi di condivisione e socialità.

Il giorno dopo, lo confesso, avevo ancora qualche dubbio: quelle parole di procurato allarme mi lasciavano un po’ inquieto. Ho pensato allora di fare un bel giro verso il mare e, anche se da un po’ di tempo non devo più scavalcare un nuvolo di auto in doppia fila per vederlo, volevo andare in un posto meno frequentato dalla miriade di turisti che girano in questi giorni (ma qualcuno li ha avvisati che qui siamo “ai margini della vivibilità”?!?). Mi dirigo allora verso Bagnoli, quasi rassegnato al desolante vuoto dei capannoni industriali e dei musei abusivi, ed invece…
Cartelloni pubblicizzano una escursione a bordo della “Scaramantica”, una barca capitanata da un altro gruppetto di giovani “facinorosi” che ha occupato il Lido Pola, che imbarca gratuitamente chiunque voglia fare un giro alla scoperta delle “coste negate” da Nisida a Palazzo Donn’Anna, con tanto di sediziosa offerta di bibite a bordo e un paio di cremini clandestini.

La sera stessa degli amici mi hanno portato a Santa Fede Liberata, un altro posto che l’abbandono aveva precluso alla mia vista, pur essendo nel pieno Centro Storico che ho frequentato per anni: un convento in cui fino a poco tempo fa si coltivava amianto, che oggi, grazie all’impegno di un comitato, è stato completamente ripulito. L’intervento degli abitanti del quartiere ha svelato un intero chiostro tutt’ora in pieno rifacimento tra sacchi di cemento e scope, divenuto lo scenario surreale e suggestivo di un cineforum all’aperto, dove era in corso la proiezione de “La tavola dei poveri”, uno straordinario film con Raffaele Viviani, seguito da un concerto di Antonella Monetti.

Alla fine di queste passeggiate, sentendomi più sicuro – protetto dal profondo antifascismo che storicamente Napoli esprime in ogni esercizio di vitalità – sono andato alla Selva Lacandona a Chiaiano, zona che alcuni della Napoli bene forse ricordano per gli echi della cronaca che titolava di una intera popolazione che si era ribellata alla discarica che volevano costruire in mezzo ai campi di ciliegie; ho bevuto vino prodotto in quella stessa terra, ascoltato musica in un terreno confiscato alla camorra ed ora gestito da altri più o meno giovani più o meno occupanti di spazi e edifici.

Insomma, pochi esempi di molti altri che si potrebbero fare, di una Napoli bella, che non si piega al degrado della divisione sociale imposta dalla crisi, che non ha bisogno di spazzare le strade per sentirsi cittadini “puliti”, che non intende strumentalizzare né alimentare i suoi problemi per poter indicare col dito da maestrini ipocriti quanto sia brutta e quanto sia sporca.

Eppure quelle parole lette nell’intervista mi rimbombano nella mente: tolleranza zero, illegalità, mancanza di decoro, ma non un cenno ai veri e seri problemi della nostra città, non una parola sulle sparatorie e i regolamenti di conti di questi giorni al Centro Storico, sui morti ammazzati sempre più giovani assoldati da un potere criminale che recluta carne da macello per i biechi affari di pochi. Nemmeno una parola sul tragico destino di chi è vittima, complice e fiancheggiatore di quella spirale di sangue alimentata proprio dall’isolamento in cui un intero pezzo di popolazione è relegata.

Contro questo sistema c’è chi non gioca al teatrino dei politicanti, ma si mette in gioco in  prima persona riaprendo alla città porte che l’incuria e il malaffare hanno sigillato da troppo tempo, costruendo relazioni solidali e opportunità altre, proprio per chi quei quartieri li abita e li attraversa. C’è chi ricostruisce a partire da sé e nel concreto con una moltitudine di atti di insubordinazione civile, di uso civico di beni comuni, di occupazioni che non sono solo liberazioni di luoghi, ma aperture continue di relazioni, socialità e forze che certo farebbe comodo tener sopite, o addirittura, per qualcuno, dietro le sbarre.

Questa gente che propaganda grandi piani su come “salvare” Napoli sarebbe da denunciare per istigazione all’inerzia! O almeno chiamata in correità per la svendita del patrimonio pubblico a privati ed affaristi! Ma, un po’ perché questi reati non esistono e un po’ perché il gioco di inventarne nuovi non mi è mai piaciuto, lascio perdere le dichiarazioni che ho letto, convinto che chi pensa di ritrovare un po’ di visibilità perduta alimentando il fuoco dell’odio contro clandestini e abusivi per diffondere il vocabolario della paura e raccattare qualche voto, troverà questa città cambiata, un po’ più anarchica, coraggiosa ed impegnata a riscrivere le regole della cosiddetta “legalità”, della convivenza tra le persone, della legittima redistribuzione delle risorse, del legittimo uso dei beni comuni e della legittima riappropriazione della sovranità da parte di chi vive e lavora nei territori.

Gaetano Filangieri


la foto in copertina è di Mario Spada