Laboratorio di teatro migrante // corpi opachi
a cura di
Carlotta Napolitano, Rossella Della Corte e Silvia Scarpa
Un mare che diffrange votati a circolare da nomadi nel caos-mondo. La relazione si allaccia nell’incontro con l’altro, con l’estraneo. Ma riconoscere non è sinonimo di comprendere. Comprendere implica l’idea di prendere con sé, di stendere le braccia per cogliere e trascinare a sé, dunque di ridurre alla trasparenza e rifondere nell’Uno. La messa in relazione acconsente all’opacità ovvero sa riconoscere che il mondo esiste nei sapori della complessità multipla. Chiamiamo dunque opacità ciò che protegge il Diverso. L’opacità è condizione necessaria della Relazione. Il consenso generale alle opacità particolari è il più semplice equivalente della non barbarie. Édouard Glissant
Questo è il sotterraneo della nostra ricerca, intesa come atto del ricercare e trattata nel suo senso più ampio di trasformazione dell’indeterminato in determinato. Uno sforzo della solitudine che prova a lacerare l’isolamento; che acconsente all’opacità, che rivendica la propria. Uno sforzo della solitudine che tende alla relazione e che nella relazione sta: si esprime ed attende. Tracceremo delle caratteristiche, isoleremo dei caratteri ma non creeremo mai dei veri e propri personaggi, per lasciare emergere, alle spalle, forte, un mare che diffrange: il caos, l’intorno, la nostra storia.
Un anno dopo l’inizio della “scuola di italiano per migranti” presso lo Zero81, abbiamo deciso di estendere il progetto ad un laboratorio sul corpo e sul movimento, ogni giovedì presso l’Ex Asilo Filangieri.
Partendo dallo studio di testi di diversi autori postcoloniali e da racconti, storie, testimonianze degli stessi studenti, il lavoro che cerchiamo di portare avanti nasce dalla ricerca di un linguaggio che protegge e si difende, dall’urgenza e dal bisogno di scoprire nuovi alfabeti, nuovi codici linguistici. All’inizio è silenzio, osservazione: ritrovare gesti lucidi, permettersi dei sorrisi comprensibili, guardarsi senza il timore di dover somigliare ad altro, provare a comprendersi in “un labirinto di fisicità” restando per un attimo con la bocca asciutta.
E qui in questo labirinto, senza potersi aggrappare a un congiuntivo, a un imperfetto, a un passato semplice, lasciamo per un istante alle nostre spalle il dubbio, le costruzioni. La parola, dunque, non riflette più, non descrive realtà interiori o esteriori, ma suggerisce, opera a tentoni, cerca un sentiero attraverso foreste di simboli, la parola si trasforma in immagine, in gesto, movimento. E dall’immagine rinasce in tutta la sua urgenza, forte, nuova, altra, viva, arricchita, crea nuovi immaginari ed essa stessa si ricrea, continuamente, a tutta forza.
Agitiamo gli elementi per poi tentare di acquietarli cercando in essi noi stessi e il nostro opposto. Usiamo il teatro come garante di decifrabilità; come spazio vuoto che ingurgita e rilascia tutto ciò che vede passare.
All’estero avevo perso la mia lingua materna, mi dibattevo nell’incomprensibilità… ero immerso nello sforzo costante di scrutare comportamenti non immediatamente decifrabili… concentravo la mia attenzione per captare mosse, corrugamenti, sorrisi… cercavo di orientarmi in questo labirinto di fisicità e suoni riconoscibili eppure sconosciuti…
Eugenio Barba
Tessere relazioni che acconsentano all’opacità, appunto, prima ancora che definirsi nell’opacità stessa. Non parliamo la stessa lingua intanto, così ci appoggiamo ad un intorno che ci permette di restare soli e incomprensibili, in bilico per un istante, pur di arrivare ad una sola parola, poi ad un nuovo silenzio, coltivando un immaginario, cercando di scovare la poesia.
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Il laboratorio è aperto a tutte/i; si tiene il giovedì dalle ore 16 alle ore 18, nel refettorio dell’Ex Asilo Filangieri.
Per partecipare scrivere a laboratori.exasilo@gmail.com
All’Ex Asilo Filangieri i concerti, gli spettacoli, le proiezioni, gli incontri sono ad ingresso libero. E’ gradito una quota di complicità che serve ad abbattere delle spese minime e a dotare gli spazi dell’Ex Asilo Filangieri dei mezzi di produzione necessari ai lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale per produrre arte e cultura. Il contributo non è vincolante ai fini della partecipazione.