Forum delle Culture Occupato | Napoli
venerdì 2 marzo 2012
assemblea pubblica su beni comuni
sono intervenuti:
Federica Giardini, Giso Amendola, Maurizio Zanardi
L’assemblea pone l’attenzione e riflette su alcune domande specifiche.
Tra le varie: Perché Cultura può essere uno dei nomi della politica dei beni comuni?
Il termine ha una storia lunga, fortemente associato alla campagna contro la privatizzazione dell’acqua. E’importante capire dal punto di vista politico cosa significa beni comuni per incrociarlo anche con la questione cultura. E’ quindi utile poter declinare i due termini che compongono questa dimensione dell’agire e del pensare politico.
Bene Comune: la dimensione Politica
Bene Comune ha un riferimento politico, non solo dell’opinione pubblica, né è un’accezione che si riferisce ad un generico valore condiviso. L’uso generico di questa parola ci suggerisce allo stesso tempo anche la grande presa che può avere.
Bene comune ha a che fare con le dimensioni essenziali della vita ( l’acqua per es.). Perché la cultura quindi?
- perché gli esseri umani sono esseri culturali attraverso i loro comportamenti, il loro produrre pensiero ed azioni.
- Perché Il lavoro non si esprime soltanto attraverso concetti come “ forza lavoro” ma anche con il sostantivo “conoscenza”. Noi uomini siamo messi al lavoro non solo per il tipo di operazioni che siamo tenuti a svolgere ma siamo messi al lavoro anche in base alle nostre capacità linguistiche, competenze relazionali ecc. La nostra dimensione di esseri “umani culturali” entra nel lavoro. Cultura – Bene Comune significa dire che in questi processi recuperiamo politicamente il senso delle azioni e di quello che produciamo
Difesa o Pratica del bene comune ?
Il gesto compiuto a partire da oggi non può soltanto definirsi attraverso una modalità difensiva di un luogo fisico ed allo stesso tempo concettuale. Il bene si difende, ma qui si tratta anche di produrre. Produzione del bene comune interrogandosi quindi maggiormente sulla questione di cultura come pratica continua. Cultura come lavoro. Cultura come settore lavorativo specifico del sistema produttivo.
E’ importante riflettere su come la produzione culturale può strappare la sua autonomia dai meccanismi di cooptazione del sistema di produzione generale.
Difesa ma anche produzione della cultura, quindi, come muoversi in questi due ambiti prediligendo il secondo.
E’ Bene desiderare di più?
Il Concetto di Bene viene ulteriormente approfondito e declinato anche come processo, proprio come quello che sta avvenendo durante quest’occupazione: desiderare non solo di riappropriarsi dei bisogni elementari. Politica del desiderio e non del bisogno essenziale. La cultura quindi non si può misurare in base all’utile ma in base al “desiderio lussuoso” dell’essere umano, dell’assoluta libertà della volontà di eccedere. Le politiche culturali contemporanee riducono gli eccessi del pensiero e dell’azione culturale per concentrarsi su una logica di mera utilità del profitto culturale. Lasciare quindi che le cose vengano fatte e che si possano fare senza ricondurre la loro produzione ad una presunta utilità. In questo senso il “bene” è tutto da progettare e da costruire.
Comune > Bene
E’ importante concentrarsi più sulla pratica e la messa in campo tutti i giorni di quello che può essere comune. Ciò significa concentrarsi anche sul senso di una comunità che si costituisce spontaneamente e costruisce allo stesso tempo se stessa e lo spazio di cui si prende cura, soprattutto dopo il fallimento di una gestione pubblica. In questo momento non c’è dialogo con le istituzioni , probabilmente proprio perché non si chiede nulla nei loro confronti ma si costruisce altro parallelamente, autogovernando, partendo dalle macerie. Non beni da difendere ma da “riconquistare” e “ricostruire” giorno per giorno. I beni comuni sono anche delle istituzioni da sostituire, da cambiare, provando a vedere diversamente la realtà che ci circonda.
Bene Comune in tre Movimenti: Occupazione- Riappropriazione- Restituzione
I Beni comuni potrebbero essere attraversati da tre momenti, perdendo la loro naturale ed immediata accezione che li identifica come sostantivi, per trasformarsi in azione. Non sono solo un No, ma un No che apre uno spazio da abitare, curare , mantenere giorno per giorno. L’idea processuale che si vive per esempio al Valle può essere centrata in tre fasi 1) Occupazione come momento iniziale 2) riappropriazione, dove si colgono quali sono le questioni su cui riflettere e lavorare e 3) Restituzione, che significa riaprirlo e renderlo disponibile e desiderabile, potenziandone l’accesso e l’uso.
Babele dei Beni Comuni
La lotta contro la discarica di Chiaiano rappresenta una lotta anche culturale perché è stato necessario istruirsi in materia, forse arrivando a saperne addirittura di più dei tecnici del settore. La forza di linguaggio e di competenza aumenta di pari passo al saper fare. Ci sono lotte molteplici ed eterogenee, come ben sappiamo. E ci sono linguaggi, modi e pratiche, e non è detto che riescano a confluire immediatamente. Attraverso questo laboratorio di riflessione possiamo trovare un denominatore comune, uno sfondo che le accomuna. C’è quindi un forte aspetto di competenza e una capacità federativa – una rete che lega soggetti, luoghi pratiche e spinte di conflitto politico diversissime tra loro.
La Balena pertanto può cominciare a riflettere meglio su quali processi e pratiche immagina portare avanti, e magari riprendere e promuovere nei difficili mari in cui sta navigando adesso. Come può nascere da questa esperienza napoletana una forma specifica di organizzazione a partire dai luoghi di lavoro e di produzione che si occupano? E come questa organizzazione si pone in relazione con le altre lotte?