Il ministro Franceschini annuncia con soddisfazione la nascita della “Netflix del teatro”: https://bit.ly/3gFntnh.
Eppure il teatro prima di essere arte, è rito.
Per quello lo spettacolo è vivo. Perché per un attore che respira c’è uno spettatore che respira con lui. Che lo spettacolo sia bello o meno bello, alla fine c’è sempre uno scambio. È una comunicazione profonda, e non verbale.
Perché le parole non bastano. Non sempre almeno. E in questo momento dove le parole molte volte significano tutto e il contrario di tutto, e sono abusate in questa specie di vita che sempre meno è in presenza e sempre più in virtuale.
In questo momento dove il contatto fisico è interdetto non si può pensare di relegare il teatro a una ripresa video, ben fatta eh… da vedere comodamente a casa.
Il teatro presuppone una scelta, che Inizia con lo scendere di casa per andare a vedere uno spettacolo piuttosto che un altro.
Già, la scelta.
Qualcuno potrebbe dire: be’ meglio che niente.
E invece, sarebbe meglio niente.
Perché per l’appunto non ci sarà scelta.
Sarà la solita torta da dividere in pochi, mentre una generazione di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, di piccole compagnie e di teatri di prossimità scomparirà.
Nel silenzio e nell’indifferenza.
E questo significa che il pubblico avrà meno scelta.
Già, la scelta.