Napoli: occupato il Forum delle culture

di Roberto Ciccarelli

Sul Manifesto http://ilmanifesto.it/storia/forum-culture-napoli/

Anche sul Quinto Stato http://www.ilquintostato.org/la-balena/

L’occu­pa­zione dell’ex asilo Filan­geri a Napoli, sede del forum delle cul­ture, da parte degli inter­mit­tenti dello spet­ta­colo e dell’immateriale “La Balena”, il Tea­tro Valle e il cinema palazzo di Roma, i lavo­ra­tori dell’arte di Milano, il Sale Docks di Vene­zia, l’Arsenale di Palermo, il tea­tro Cop­pola di Cata­nia, è una presa di posi­zione con­tro l’economia degli eventi cul­tu­rali, la poli­tica dell’emergenza che gesti­sce i fondi pub­blici e le “grandi opere”.
Da mesi al cen­tro di infi­nite pole­mi­che tra Regione Cam­pa­nia, il Comune e la Pro­vin­cia di Napoli, il forum è bal­zato agli onori delle cro­na­che nazio­nali quando il can­tau­tore Roberto Vec­chioni, al quale era stato con­fe­rito il titolo di pre­si­dente della mani­fe­sta­zione, si è dimesso a seguito delle pole­mi­che sul com­penso supe­riore ai 200 mila euro. Da quel momento non si sono con­tate più le defe­zioni, l’ultima è stata quella di Peppe Barra dal “comi­tato scien­ti­fico” della mani­fe­sta­zione che dovrebbe essere inau­gu­rata il 7 set­tem­bre 2013 a Castel dell’Ovo.

Nel frat­tempo si sono mol­ti­pli­cati i con­flitti tra i ren­tiers nel mana­ge­ment cul­tu­rale napo­le­tano. Come altrove in Ita­lia, anche a Napoli, infatti, esi­ste un mono­po­lio nella gestione del tea­tro da parte di Luca De Fusco, da mesi accre­di­tato “diret­tore segreto” del festi­val. De Fusco dirige il Mer­ca­dante, uno dei mag­giori sta­bili ita­liani, il San fer­di­nando, oltre che il festi­val di tea­tro di Napoli, il più impor­tante a livello nazio­nale, dove ci sono nume­rosi lavo­ra­tori e com­pa­gnie in ver­tenza, e in attesa di essere pagati. Que­sta situa­zione sta facendo fibril­lare l’organizzazione cul­tu­rale napoletana.

Il World urban forum, di cui il “forum uni­ver­sale delle cul­ture” è il “tag” ita­liano, è un evento pro­mosso dalle Nazioni unite che si tiene ogni due anni dal 2002. Pre­vede la par­te­ci­pa­zione di dele­ga­zioni pro­ve­nienti da cen­to­cin­quanta paesi del mondo e circa 10 mila par­te­ci­panti che Napoli ospi­terà alla Mostra d’Oltremare. L’edizione del 2013 dovrebbe durare 101 giorni, orga­niz­zati in cin­que grandi aree cor­ri­spon­denti ai cin­que con­ti­nenti. Ospi­terà 101 città, una al giorno. Ini­zial­mente sono stati inve­stiti 40 milioni di euro, poi la cifra è dimi­nuita fino rag­giun­gere gli attuali 15 milioni messi a dispo­si­zione dalla Regione di centro-destra, gover­nata dal Pdl Cal­doro. Il Comune gui­dato da Luigi de Magi­stris è, invece, pro­prie­ta­rio del mar­chio “World urban forum”. Lo stallo che si è pro­dotto nel frat­tempo rischia di com­pro­met­tere le vel­leità ini­ziali, tanto da avere spinto De Magi­stris ad assu­mere la carica di pre­si­dente per orga­niz­zare un evento che rischia di non vedere la luce.

Da que­sta sin­tesi di una vicenda molto con­fusa, emerge un dato gene­rale. Anche il “forum delle culture“sarà gestito secondo la logica poli­tica che ha affi­dato alla Pro­te­zione Civile il G8 della Mad­da­lena, poi spo­stato a L’Aquila, oppure i mon­diali di nuoto a Roma nel 2009 e, risa­lendo nel tempo, il Giu­bi­leo del 2000 a Roma. Seb­bene, oggi, la Pro­te­zione Civile abbia perso que­sti “super­po­teri”, è rima­sta in vita la men­ta­lità che non per­mette di imma­gi­nare un modello alter­na­tivo di governo della cul­tura, come della società. Il “grande evento”, sia esso cul­tu­rale, poli­tico o un ter­re­moto, con­ti­nua ad essere gestito con una legi­sla­zione ecce­zio­nale dei com­mis­sari ad acta, e resta l’occasione per distri­buire una quan­tità enorme di fondi, rin­sal­dando il sistema poli­tico locale con quello cor­po­ra­tivo e par­ti­to­cra­tico che con­trolla le nomine di chi gesti­sce gli eventi sui territori.

Gli occu­panti dell’ex asilo Filan­gieri, che hanno annun­ciato una serie di atti­vità assem­bleare e labo­ra­to­riali fino al 4 marzo, inten­dono lavo­rare su un modello alter­na­tivo al gigan­ti­smo dell’economia degli eventi, e al suo spi­rito buro­cra­tico. Quello che pro­spet­tano è un modello del tutto oppo­sto alla stessa idea di “eco­no­mia dell’evento”.fondata sullo sfrut­ta­mento del lavoro pre­ca­rio e su un mer­cato che, per sua natura, è alea­to­rio ed offre migliaia di occa­sioni di lavoro mal pagato, in par­ti­co­lare nell’ideazione e nella for­ni­tura dei servizi.

“Que­sto forum è molto simile ad altri con­te­ni­tori cul­tu­rali come il festi­val tea­tro ita­lia — afferma Elena del col­let­tivo “La Balena” – sono grandi con­te­ni­tori gestiti da fon­da­zioni che spo­stano capi­tali impor­tanti senza pre­oc­cu­parsi di lasciare segni per­ma­nenti nella città, né tanto meno un discorso di coin­vol­gi­mento delle strut­ture che già ope­rano nel set­tore cul­tu­rale e sociale cam­pano”. Quello che la Balena pro­pone è “un rap­porto diverso tra il finan­zia­mento e la pro­du­zione imma­te­riale a Napoli, che segua l’idea dell’autogoverno in forme ancora ibride, ma che già oggi sono incen­trate sulla con­di­vi­sione e la par­te­ci­pa­zione. Non è pos­si­bile che siano sem­pre gli stessi sog­getti a deter­mi­nare le scelte cul­tu­rali e ad usare la cul­tura a fini pri­vati, e in modo strumentale”.

Il cuore della con­te­sta­zione è dun­que il modo di fare “impresa” cul­tu­rale nell’economia degli eventi. I lavo­ra­tori della cono­scenza che hanno occu­pato la sede del forum denun­ciano il sistema di “outsour­cing” dove la gestione degli “eventi” è affi­data a terzi, seguendo un per­verso sistema di appalti e subap­palti che nega il valore del lavoro e sot­to­pone i lavo­ra­tori al trat­ta­mento tipico dello schia­vi­smo post­for­di­sta. “Siamo un terzo della forza lavoro attiva in Ita­lia — ricorda Elena — e siamo indi­pen­denti, ci sta stretta la cate­go­ria di pre­ca­riato per­ché la nostra scelta di vita ci ha fatto spo­sare il con­cetto di auto­no­mia, di inter­mit­tenza. Per noi il red­dito — di cui tanto si parla anche in que­sti giorni — è impor­tante per garan­tire i tempi lun­ghi di cui abbiamo biso­gno per produrre”.

“A Napoli c’è una situa­zione ano­mala — sostiene Ile­nia, del Tea­tro Valle — da un lato c’è una ammi­ni­stra­zione pro­met­tente, ma dalle sue poli­ti­che cul­tu­rale non tra­spira la pra­tica dei beni comuni.  Vogliamo affer­mare la dif­fe­renza tra l’amministrazione dall’alto dei beni comuni e l’autogoverno dei beni comuni. Ma per farlo è ormai essen­ziale esclu­dere l’ingerenza dei par­titi dalle nomine, come sta dimo­strando la tri­ste vicenda del Festi­val del cinema di Roma. Al Valle stiamo pro­ce­dendo con l’autofinanziamento della fon­da­zione, che incarna que­sto modello alter­na­tivo. Rite­niamo che que­sto sia un modello esten­di­bile all’intero paese, soprat­tutto dove regna la prassi del “grande evento”. Pro­ce­dendo in que­sto modo si rischia di creare un deserto nelle nostre città, e non un pro­getto, con­ti­nuando a sac­cheg­giare il nostro lavoro vivo. In Ita­lia è giunto il momento di inven­tare nuove isti­tu­zioni dell’agire collettivo”.