Occupando l’Asilo della Conoscenza e della Creatività non abbiamo mai inteso limitarci alla gestione partecipativa di un singolo e determinato luogo della città, quantunque spazio privilegiato di costruzione dei luoghi che immaginiamo destinati ad una gestione partecipativa e condivisa.
Parallela, infatti, corre una battaglia politica tesa ad elaborare un generale modello di gestione partecipativa e radicalmente democratica delle risorse pubbliche erogate per l’arte e per la cultura.
A partire dal processo di soggettivazione politica che procede incessantemente all’interno, infatti, ci siamo immediatamente proiettati all’esterno, analizzando innanzitutto l’attuale stato di cose relativo alle strutture giuridiche preposte alla gestione dei fondi pubblici.
E’ negli interstizi burocratici aperti dagli strumenti di diritto privato che emerge il reale potere arbitrario della classe politica campana e dell’amministrazione pubblica.
In questa sclerotica rete di burocrati e decisori senza controllo si disperdono i fondi pubblici, destinati ad un uso sostanzialmente clientelistico e privo di qualsiasi merito o valore collegabile ad un progetto artistico o culturale di lunga durata ed ampio respiro.
Illuminante ci è parsa la lettura dello Statuto della “Fondazione Campania dei Festival”, strumento formalmente destinato alla gestione del “Napoli Teatro Festival”.
Le finalità di questo strumento dovrebbero essere, per citare alcuni passi, “l’apertura del territorio”, l’“incremento d’interesse e partecipazione del pubblico”, la creazione di un “turismo culturale”, la promozione di “iniziative nel settore della produzione teatrale” o il sostegno alle “nuove creatività attraverso la promozione di strutture ad hoc destinate ad ospitare le attività teatrali di realtà emergenti”.
Eppure, una lettura attenta dello Statuto restituisce immediatamente il suo senso e la sua reale portata.
Minuziosa appare la disciplina della gestione economico-finanziaria (che prevede la possibilità di “compiere qualsiasi attività immobiliare, mobiliare ed economico-finanziaria”, nonché di creare società di capitali, di assumere finanziamenti, mutui a breve e lungo termine, stipulare convenzioni per l’affidamento a terzi di attività istituzionali o gestionali nonché consulenze…), mentre rispetto alla governance della Fondazione Campania dei Festival emergono, con chiarezza, gli ampi margini di arbitrio del potere pubblico-partitico.
Il Presidente della Fondazione, ossia la figura che assomma i veri poteri decisionali, viene nominato dal Presidente della Regione, che nomina anche gli altri membri del consiglio di amministrazione.
Il Presidente della Fondazione, ad esempio, stipula e firma ogni tipo di contratti e atti fonti di obbligazione per la Fondazione; firma i mandati di pagamento e incasso; assume e gestisce il personale; dispone l’impiego dei fondi patrimoniali e di gestione.
Inoltre, questa sorta di CEO della pubblica amministrazione è lo stesso soggetto che sottopone all’approvazione del Consiglio di amministrazione i progetti di attività culturali.
L’assetto gestionale di questo Statuto è, in modo del tutto evidente, di tipo verticistico; la scelta delle poche figure chiave della Fondazione risponde alla logica dello spoil system; questi soggetti non sono vincolati a nessun tipo di informazione trasparente sui criteri di gestione delle risorse e, soprattutto, non c’è alcuna traccia di partecipazione e controllo della cittadinanza nella elaborazione e scelta dei progetti culturali.
Certo, è previsto un “comitato d’onore” composto da cinque altissime personalità (!) che dovrebbero fornire un aiuto nella predisposizione degli indirizzi culturali e artistici – questo comitato si riunisce due volte l’anno. Noi, per carità di patria, non commentiamo.
Lo Statuto della Fondazione Campania dei Festival, comunque, è un caso di studio che rappresenta la normalità della gestione dei fondi pubblici stanziati per l’arte e per la cultura.
In questo senso Fuori! rappresenta la tensione politica della comunità che anima l’Asilo della Conoscenza e della Creatività a proiettarsi all’esterno del singolo luogo fisico e a frapporsi nell’attuale tipologia di governance del settore pubblico in materia di arte e cultura, con la speranza di estendere questa battaglia di democrazia a tutti i settori della vita pubblica e sociale.
Fuori!, al contempo, è il grido che lanciamo ai partiti e ai burocrati che, a vario titolo, hanno occupato l’arte e la cultura in Campania (e in Italia), rendendoli il bacino delle loro clientele ed estromettendo di fatto e di diritto i cittadini dal godimento di questi beni comuni.
Noi, in maniera partecipata, comune e condivisa, intendiamo riaffermare il diritto di decidere nella res-pubblica che abitiamo, sulle risorse che concorriamo a produrre con le nostre competenze e con il nostro lavoro, sulla base del desiderio che è la vera spinta del nostro agire.
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