Occupata la sede del Forum delle culture. «È un luogo-contraddizione»
di Natascia Festa
Sul Corriere del Mezzogiorno http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2012/2-marzo-2012/occupata-sede-forum-culturequesto-luogo-contraddizione-2003516383663.shtml#.T1DP57ACNR8.facebook
La Balena – lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale – dice: «Vogliamo usare questo spazio come contenitore per dare vita ad un’inchiesta permanente»
NAPOLI – Se la politica culturale è un «forum» nell’acqua, tanto vale prendere in mano la situazione e mettere in atto un nuovo protagonismo culturale dal basso. Lo ha fatto La Balena – collettivo di lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale di Napoli – che ha occupato stamani l’ex Asilo Filangieri, la sede della Fondazione del Forum Universale delle Culture (in vico Maffei).
«Occupiamo questo spazio- dicono in un comunicato – perché sentiamo questo luogo come una delle tante contraddizioni aperte nella nostra città. Non intendiamo sollevare le criticità del Forum Universale delle Cultura, ma usare questo spazio come contenitore informale di incontri e narrazioni da aprire alla città, per dare vita ad un’inchiesta permanente sullo stato dell’arte e della cultura e sulla condizione dei lavoratori dell’immateriale, attraverso nuove pratiche e nuovi linguaggi».
LA CULTURA E’ UN DIRITTO, NON UN PRIVILEGIO – E poi: «La prima pratica di politica culturale è l’incontro, la riconnessione del tessuto sociale di una comunità che per troppo tempo è stata costretta ad autoreferenziare i diversi ambiti che la compongono. Con quest’azione ci mettiamo in connessione con un movimento nazionale dei lavoratori della conoscenza – circa 1/3 della forza lavoro – che in tutta Italia sta affermando la propria identità assumendosi sempre più la responsabilità etica, civile e politica della tutela e dell’esercizio dei propri diritti: diritto all’esistenza sostenibile, riconoscimento sociale del nostro lavoro, diritto alla tutela della creazione e della produzione. La cultura è un diritto, una necessità, non un privilegio».
NESSUNA MEDIAZIONE COL POTERE POLITICO – Infine: «Non vogliamo una cultura mediata dal potere politico, sottomessa a logiche di partiti pronti a gestirla per fini elettorali o di spartizione economica. La cultura non si governa, si lascia esistere! Proponiamo nuove pratiche, partecipate e condivise, che interrompano i dispositivi di cooptazione dall’alto, convinti che tutte le arti dello spettacolo, come anche la formazione, non possano fondarsi sulla produzione di ricchezza economica, perché i saperi e la conoscenza sono il fondamento per la ricostruzione di una comunità e per lo sviluppo di una collettività sana e consapevole».
LA RETE NAZIONALE – Ugo del collettivo La balena spiega: «La nostra iniziativa di cultura partecipata che parte dal basso è in rete con una serie di esempi analoghi nazionali. Progettiamo insieme con il Teatro Valle Occupato di Roma, Ex-Cinema Palazzo di Roma, I lavoratori dell’arte di Milano, Teatro Coppola di Catania, Arsenale di Palermo, S.a.l.e. Docks di Venezia».
Venerdì 2, sabato 3 e domenica 4 marzo saranno convocate tre assemblee pubbliche su «beni comuni, welfare e politiche culturali in cui – spiegano i giovani del collettivo – insieme a filosofi, artisti, giornalisti, scrittori, architetti, editori, movimenti, comitati, studenti, lavoratori e cittadini tutti ricominceremo a discutere delle parole per avviare un processo di presa di coscienza collettiva».
RIDISEGNARE L’IMMAGINARIO – E concludono: «Siamo convinti che solo attraverso la relazione con le altre realtà in lotta possiamo ridisegnare un immaginario a venire comune, slegato da dinamiche di nostalgia del passato, che guardi fortemente al futuro e che proprio attraverso nuovi processi di riappropriazione dal basso sia capace di ridefinire il ruolo delle istituzioni. Ci immaginiamo al primo giorno di vita di una nuova comunità; “Noi dobbiamo essere i genitori. Abbiamo bisogno di riappropriarci di un senso del futuro, perché sotto il sole sta accadendo qualcosa di radicalmente nuovo.” Probabilmente non vedremo i frutti di quello che stiamo generando, ma questa è la prospettiva che scegliamo per un’ecologia della democrazia».