La lunga assemblea pubblica svoltasi all’Asilo Filangieri giovedì 7 giugno ha rappresentato un momento importante del percorso inaugurato il 2 marzo dal collettivo di lavoratori dell’immateriale “La Balena” e da tutti gli altri abitanti che in questi mesi hanno partecipato alla vita dell’ex Asilo Filangieri.
Durante le tre ore di dibattito serrato, da una platea eterogenea, composta da più di trecento persone tra cui anche numerosi aderenti alla consulta sui Beni Comuni del “Laboratorio Napoli”, sono giunti ringraziamenti per il lavoro portato avanti in questi mesi dalla comunità di artisti, ricercatori e lavoratori dello spettacolo che unendo le loro forze hanno ridato nuova vita all’Asilo Filangieri. Lo stesso Assessore ai Beni Comuni, Alberto Lucarelli, ha riconosciuto alla Balena il merito “di aver imposto al Comune di uscire dalla logica delle assegnazioni a soggetti privati” e di averlo spinto a ragionare sul problema dell’accessibilità degli spazi. “Ora occorrono regole organizzative” ha spiegato Lucarelli “per cui tutti i lavoratori dell’immateriale siano messi in condizioni di accedere e fruire di questo bene. Non un regolamento di assegnazione ad un soggetto determinato, ma un protocollo di corresponsabilità che garantisca l’accessibilità e la fruibilità nel modo più includente possibile, garantendo l’eguaglianza attraverso un processo partecipato”.
L’assemblea, convocata dall’Asilo per discutere in modo pubblico della bozza di disciplinare d’uso dei locali proposta dal Comune, è stata l’occasione per ribadire il signifcato dell’esperienza portata avanti in questi mesi. Partendo dall’esigenza materiale, espressa dai lavoratori dell’arte e dello spettacolo, di condividere uno spazio e degli strumenti di lavoro che, con la crisi economica, rappresentano un privilegio discriminante tra chi possiede mezzi economici per svolgere dignitosamente la propria professione artistica e chi invece non gode del capitale necessario per farlo, la Balena non ha solo riaperto, con una modalità confittuale che non ha temuto di operare una forzatura della legalità che continuamente viene violata da soggetti aventi come unico scopo il proftto privato, uno spazio pubblico lasciato a lungo senz’anima, ma ha aperto un ampio ragionamento su nuove forme di uso dei beni pubblici.
Da questa elaborazione pratica e teorica è emersa, nelle scorse settimane, una delibera che ha raccolto l’idea innovativa di promuovere una prassi di “uso civico” del bene pubblico, “in coerenza con una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 43 della Costituzione”. Il Comune non gestirà più “privatisticamente” questo spazio, ponendosi come concedente verso uno o più soggetti privati (associazioni, fondazioni, singoli, ecc..) all’interno di un rapporto burocratico verticale ed escludente verso le realtà estranee alla concessione, ma si farà garante di un’organizzazione orizzontale, inclusiva e democratica dell’Asilo portata avanti dai suoi stessi abitanti, in analogia con l’antico istituto degli usi civici. La comunità dei lavoratori dell’immateriale condivideranno la programmazione dei progetti e la gestione degli spazi e degli strumenti di produzione con una pratica assembleare – sul modello di quelle in atto già da mesi – che sarà razionalizzata attraverso la stesura condivisa di un regolamento che rimarrà ai futuri abitanti di questo luogo. L’Asilo come bene pubblico, proprietà del pubblico, liberato dall’occupazione sterile e costosa della fondazione Forum delle Culture, restituito alla collettività con una specifca funzione culturale e l’obiettivo di garantire la produzione e l’espressione di forme artistiche e culturali, e con una modalità di gestione aperta, permeabile agli stimoli di una comunità in continuo ricambio e movimento.
Dall’assemblea sono emerse anche altre istanze più generali: la necessità di altri luoghi pubblici da destinare ai bisogni delle associazioni che operano nel sociale, e di spazi che soddisfno le esigenze di socializzazione e di supporto delle fasce più sensibili della popolazione, come bambini, anziani e disabili. In una città come Napoli, popolata da 1 milione di persone, l’esperimento dell’Asilo, nel suo denunciare una cocente esigenza di partecipazione alla vita pubblica, di riappropriazione di una migliore qualità del lavoro, rappresenta un modello per la gestione di altri beni pubblici, da affdare alle diverse “comunità di lavoratori” e agli abitanti del territorio. Le occupazioni di Bancarotta Bagnoli e dell’Asilo di Boscoreale sono altri esempi di questo movimento spontaneo che spinge dal basso le istituzioni a riconoscere e rispondere ai bisogni della collettività. Per garantire un’equidistanza tra la libertà del processo in atto all’Asilo e il bisogno di regole condivise, l’assemblea ha chiesto in modo pressocché unanime di emendare la bozza del disciplinare dei punti in cui per accedere agli spazi veniva prevista una richiesta formale al Comune (dall’art.2 al 6), che avrebbe valutato i singoli progetti in modo discrezionale.
L’assemblea si è espressa, invece, a favore di un regolamento di gestione in cui la comunità di riferimento, lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale, in analogia con gli usi civici, si possa autogovernare e possa curare in totale autonomia le attività artistiche e culturali. Per questo si è concordato sulla necessità di programmare al più presto un tavolo di lavoro pubblico in cui scrivere in maniera condivisa un regolamento per questa nuova, originale forma di governo di un bene pubblico dedicato alla cultura.