La compagnia Itinerante di Buenos Aires, per la prima volta a Napoli, ci regala un percorso intenso e articolato sul teatro argentino contemporaneo con il laboratorio sul Teatro Indipendente Argentino e Sudamericano e Teatro Post Dittatura, la mostra fotografica Mujeres Rebeldes e lo spettacolo Hija de la Tierra.

venerdì 21 settembre

ore 20,00 inaugurazione-aperitivo della mostra MUJERES REBELDES  di Nino Oliveri (Leggi la brochure della mostra)

ore 21,00 spettacolo teatrale HIJA DE LA TIERRA
con Josefina Torino
musiche: Rubén Carrasco / strumenti: Autara, Chasca, Charango, Erke, Caja, Trompe / idea originale: Josefina Torino e Gabriela Ottogali / scenografia e illuminazione: Laura Copertino / disegno e realizzazione del / vestiario: Josefina Torino y Jorge Ortiz Centurión / fotografia: Marian Cullen, Diego Emanuel González, Nino Oliveri

Leggi e scarica la scheda dello spettacolo Hija de la Tierra

sabato 22 settembre dalle 15 alle 18
domenica 23 settembre dalle 11 alle 14
Laboratorio teorico di Teatro Indipendente Argentino e Sudamericano e Teatro Post Dittatura

Il laboratorio è rivolto ad attori, registi, performer, artisti, lavoratori dello spettacolo, studenti, cittadini interessati ed è a sottoscrizione libera.
Per prenotazioni: laboratori.exasilo@gmail.com

Il laboratorio

1 – PRESENTAZIONE E FONDAMENTA

Gli studi teatrali in Argentina e in Sudamerica esistono da meno di un secolo. Con soli duecento anni di storia il paese solo possiede cento anni di produzione teatrale. La necessità della costruzione di un’identità propria che coinvolge ancora oggi gli studi teatrali nel paese, proviene dal vasto e diverso flusso migratorio che arrivò a Buenos Aires a principio del Secolo XX. Il bisogno di comprendere la nostra identità, così diversa a causa dell’influenza Europea mischiata con la nostra identità, ha fatto si che il Teatro ne diventasse il suo testimone. In Argentina, a differenza del Brasile e dell’Uruguay, il teatro indipendente si mantenne fuori dal controllo statale. Analizzeremo dunque gli inizi del Teatro Indipendente del 1900 per poi analizzare l’influenza di questo tipo di teatro sulla produzione indipendente dei decenni 1970 e 1980. La sua importante correlazione ha permesso a tutta una generazione di manifestarsi contro la repressione durante i Colpi di Stato Militari.

Con questo workshop teorico, s’intende parlare di tutte queste influenze e manifestazioni di libertà d’espressione che arricchiscono la nostra cultura teatrale e capire come esse abbiano portato il Cono Sud Latinoamericano ad avere una produzione teatrale indipendente propria, a generare la propria identità in diversi momenti politici e quindi a contribuire all’arricchimento della storia del Teatro Mondiale.

2 – QUADRO STORICO

Realizzeremo un percorso storico-politico dal principio a fine del Secolo XX in Sudamerica. Prenderemo in considerazione le diverse forma di gestione dei gruppi teatrali indipendenti e la loro relazione con lo Stato; le costanti crisi economiche e politiche; l’avvicinamento a nuove tecniche teatrali e la costruzione di nuovi miti. Si studierà inoltre la relazione delle opere analizzate con il loro contesto di produzione. 

3 – QUADRO TEORICO E BIBLIOGRAFIA

Si consegnerà ai partecipanti un corpus di materiali, di cui analizzeremo le opere citate in precedenza. Inoltre saranno a disposizione materiali supplementari.

Il quadro teorico sarà impartito durante la classe, successivamente al quale corrisponderà l’analisi di ciascun’opera. A seguire si presenta una lista di Bibliografia utilizzata e introdotta nel workshop.

-Fos, Carlos. Verzero, Lorena. En las Tablas Libertarias. Experiencias de teatro anarquista en Argentina a lo largo del Siglo XX, Buenos Aires, Atuel, 2010.

-Pavolvsky, Tato. Rojos Globos Rojos. El Señor Galindez. Obras Completas II. Buenos Aires, Atuel, 2008.

-Boal, Augusto. Teatro del Oprimido 1. Teoria y Practica. Mexico D.F, Editorial Nueva Imagen,1982.

-Boal, Augusto. Tecincas latinoamericanas de Teatro Popular. Mexico D.F, Editorial Nueva Imagen, 1982.

-De Moraes, Vinicius. Orfeo de la Concepcion. Buenos Aires, Ediciones de la Flor, 1973.

-Prieto, Ricardo. Teatro. Montevideo, Editorial Proyeccion, 1970.

4 – CASI STUDIO e MATERIALI DI ANALISI

Teatro Operaio: Frammenti di “En las tablas libertarias” Experienze di Teatro Anarchico in Argentina nel corso del Secolo XX del Prof. Carlos Fos –ARGENTINA-

Teatro e politicizzazione dell’Estetica: “El Señor Galindez” e “Rojos Globos Rojos” di Tato Pavlovsky –ARGENTINA-

Teatro dell’Oppresso e Teatro di Base Popolare Brasiliano: “Teatro del Oprimido: Teoria y Metodo” di Augusto Boal e “Orfeo de la Concepcion” di Vinicius de Moraes –BRASILE-

Teatro Indipendente Uruguayano: “El Huesped Vacio” di Ricardo Prieto -URUGUAY-

Durata: due giorni, una classe al giorno, ciascuna classe della durata di 5 ore. Saranno distribuiti materiali di lavoro insieme a del materiale supplementare che rimarrà a disposizione dei partecipanti.

Desideri: Sviluppare e realizzare una riflessione sul concetto d’identità attraverso l’analisi di testi e altro materiale teatrale che rappresentano alcune testimonianze di un’epoca specifica. Si analizzeranno e comprenderanno gli autori e il contesto dove questi materiali sono stati prodotti: il Cono Sud Latinoamericano.

Il laboratorio è rivolto ad attori, registi, performer, artisti, lavoratori dello spettacolo, studenti, cittadini interessati ed è a sottoscrizione libera.
Per prenotazioni: laboratori.exasilo@gmail.com

La mostra

MuJeRes ReBeLDeS: Género Femenino, Número Plural; Capítulo I Mesoamerica – Fotografie di Nino Oliveri

Madri, nonne, figlie, sorelle, mogli, compagne, amiche, simbolo della fertilitá e della sopravvivenza e del ciclo della vita; o piú semplicemente, donne.

In un mondo che ha fatto del consumismo il suo “dio”, dove si é giunti a porre un prezzo a ogni aspetto della felicitá, commercializzando anche il più elementare dei sentimenti umani, si è andato costruendo a poco a poco un modello artificiale di ciò che significa essere e comportarsi da donna, mettendo in serio pericolo la naturale bellezza della sua pluralità.

In questo mondo, dominato da una cultura fortemente machista e patriarcale, l’essere donna puó anche arrivare ad essere sinonimo di ribellione. Una ribellione allo stesso tempo individuale e collettiva.

A volte, essere donna significa essere ribelli dentro della ribellione.

MuJeReS ReBeLDeS é un progetto fotografico indipendente ed in costruzione permanente sulle donne Latinoamericane nei loro contesti di lotta quotidiana per rivendicare i propri diritti come donne e come esseri umani.

Scattate in Centro America, tra il 2003 ed il 2011, queste immagini mostrano frammenti di questa essenza ribelle, celebrandola e invitando ad una riflessione sul tema del génere, cosí importante quanto ignorato dalla societá contemporanea.

“Capitúlo I, Mesoamerica” é il primo capitolo di un viaggio attraverso il mondo dei popoli originari del continente Latinoamericano, che ha come filo conduttore quello della ribellione vista dalla prospettiva del genere femminile, numero plurale.

Lo spettacolo

Il progetto consiste nella presentazione di un monologo, che propone il tema della ribellione delle donne contro l’oppressione nella storia latinoamericana. La struttura dello spettacolo è scandita dall’accompagnamento musicale che aiuta a ripercorrere la storia di una e di tutte le donne ferite che continuano, oggi come allora, la loro lotta.

E’ una storia di oppressione e disprezzo per la loro condizione di donne, di contadine, di madri, di guerrigliere, e anche la storia di una sconfitta.

Lo spettacolo prende spunto, come principale asse narrativo, dalla biografia di Juana Azurduy de Padilla, il cui esempio riflette, nella sua drammaticità, la dedizione e la lotta, la visione e lo stile di vita di tutte quelle donne che sacrificarono sé stesse per la libertà personale e collettiva, e ne diviene la metafora.

Il monologo propone dunque una rivalutazione del ruolo delle donne nella storia, così a lungo dimenticato, e vuole indurre a una riflessione tanto sulle lotte di cui furono protagoniste nel passato che sul ruolo che esse rivestono nella società odierna.

– genesi

Da inaugurarsi come spettacolo nel 2012, “Hija de la Tierra” (figlia della terra), nasce come una indagine teatrale nell’anno 2011 durante un viaggio iniziatico in Messico, nel cuore della nostra America. Nel 2012 Rubén Carrasco si unisce al progetto, realizzando la musica che supporta la struttura narrativa dei momenti scenici. L’utilizzazione di strumenti musicali tradizionali e originari Latinoamericani crea il clima narrativo propizio a raccontare anche i frammenti non narrativi della storia di questa e altre donne latinoamericane.

Il monologo è liberamente basato sulla novella “Juana Azurduy, La Teniente Coronela” di Pacho O’Donnell, e su frammenti di “Nuestra Señora de Las Nubes” di Arístides Vargas oltre che su poesie, pitture e racconti popolari Latinoamericani. II personaggio di Juana Azurduy permette allo spettatore di riflettere sul prezzo che si paga per la libertà, mentre la sua vita, così poco convenzionale, rappresenta uno sconvolgimento negli standard della vita della sua epoca. Incompresa da molti, come tutte le rivoluzionarie di allora, muore totalmente dimenticata e nella più assoluta miseria il 25 di Maggio del 1862, dopo essere stata nominata Tenete Colonnello dell’Esercito Argentino.

“In questa profonda opera possiamo ammirare ciò che l’arte può esprimere. In questa ricerca, che è anche quella della nostra cultura, si trova il germe di una nuova società, che esprime anche il trionfo dell’etica.” Osvaldo Bayer

– storia

Nata il 12 Luglio del 1780 nell’Alto Perù, negli anni in cui Bartolina Sisa, Micaela Bastidas y Gregoria Apaza, giovani leader della rivoluzione Andina, condottiere assieme a Tupac Amaru e Tupac Katari, erano torturate e assassinate dagli spagnoli, Juana Azurduy apparteneva ad una famiglia poco comune e mal vista per la sua epoca. Sua madre, Eulalia Bermudes, era meticcia e suo padre era uno spagnolo emigrato dalle terre di Navarra. Rimase orfana a soli sette anni, e fu accudita dagli zii, che presto la portarono al convento di Santa Teresa a Chuquisaca per completare gli studi. Lei si sentì prigioniera, si scontrò con le suore e fu presto espulsa.

Juana aveva ereditato terre nella provincia di Toroca e nonostante la sua giovane età vi tornò per prendersene cura. A Toroca crebbe, e vide la miseria e lo sfruttamento in cui vivevano gli Aymara e i Quechua, i popoli originari di quella regione. Apprese la loro lingua, e con loro condivise il lavoro e le terre. Uno dei suoi vicini era Manuel Ascencio Padilla, colui che sarà suo compagno di vita e di lotta. Nel 1805 si sposarono ed ebbero 4 figli. Il padre di Manuel Ascencio aveva collaborato con la rivoluzione andina, e aveva pagato la sua audacia con il confino.

Manuel Ascencio partecipò attivamente alle prime sommosse popolari che sarebbero presto sfociate in rivoluzione nell’Alto Perù. Indios, meticci e creoli si misero ai suoi ordini e presto cominciarono ad ottenere le prime vittorie contro gli spagnoli. In seguito arrivò in loro aiuto nell’Alto Perù una prima spedizione da parte degli “abajenos”, così erano chiamati gli abitanti del Rio de la Plata. Manuel visse scappando, e Juana evitando le imboscate assieme ai suoi figli, mentre si preparava per unirsi alle forze di combattimento.

Finalmente nel 1813, si unisce alla seconda spedizione comandata dal generale Belgrano per prender parte alla guerra partigiana, chiamata anche delle repubblichette, organizzata da Juana e Manuel Ascencio. Insieme riuscirono a divenire strateghi e combattenti in prima linea.

Juana e i suoi figli dovettero sfuggire a diverse imboscate, finché in uno dei

tentativi di sottrarsi agli attacchi degli spagnoli, si rifugiarono in una palude assieme ai quattro figli. Qui tutti e quattro i piccoli morirono di malaria. Infuriata e affranta, si abbandonò al suo destino e si batté con più forza che mai. In battaglia diede alla luce la sua quinta figlia, Luisa, e fu attaccata attimi dopo il parto da traditori che volevano rubarle il tesoro della rivoluzione che lei proteggeva portandolo sempre con sé. Nonostante ancora debole, uccide i due traditori. Poco tempo dopo, nell’anno 1816, anche suo marito viene ferito e ucciso in battaglia. Riconoscendone l’incrollabile dedizione alla lotta, la forza e capacità militare, il generale Belgrano la nomina Tenente Colonnello dell’Esercito Argentino. Forte delle sue idee e lasciando la figlioletta alle cure delle sue compagne, Juana si unisce alla truppe di Güemes a Salta. Lí combatte le sue ultime battaglie e, dopo anni di servizio, si ritira a riposare in compagnia di Luisa, che a quel punto è già sposata e vive in una zona lontana.

Nel 1825 scrive una lettera alle autorità provinciali chiedendo il giusto riconoscimento per le sue gesta:

“[…]La soddisfazione di avere trionfato sopra il nemico, più di una volta aver disfatto le loro vittorie e potenti eserciti, ha saziato la mia ambizione e compensato con usura le mie fatiche, pero non posso omettere di supplicare la S.V e far notare che l’origine del mio malessere e della miseria in cui vivo è stata la cieca adesione al sistema patrio[…]”.

“… ebbe un’udienza con i liberatori Sucre e Belgrano, fondatori di una nuova repubblica. Bolivar – in uno dei pochi atti come presidente boliviano – firmò un decreto che stabiliva in favore di Juana Azurduy una pensione che, come spesso succedeva con gli altri combattenti dell’indipendenza, poche volte ricevette. Juana, la massima eroina della nostra indipendenza, morirà a ottantadue anni un 25 di Maggio, quando il calendario ricordava ormai lontanamente le rivoluzioni di Chuquisaca e Buenos Aires, completamente dimenticata nella più ingiusta povertà.”

Nella sua novella “Juana Azurduy. LaTeniente Coronela” Pacho O`Donell, riferendosi agli ultimi anni della Azurduy, segnala la situazione dello Stato dopo il consolidarsi dell’indipendenza:

“Una delle ragioni della mancanza di riconoscimento dei suoi compatrioti verso chi aveva dato tutto per la causa indipendentista si deve al fatto che coloro che erano rimasti sulla cresta dell’onda quando arrivò il momento della libertà, erano state per la maggior parte persone di dubbia condotta durante la guerra. La maggior parte dei capi da una parte era morta o non aveva più lo stesso peso, e dall’altra la primitività dei sopravvissuti faceva sì che le negoziazioni politiche fossero per loro uno scenario dove si destreggiavano con più difficoltà e meno successo che sul campo di battaglia. Questo fece si che chi andò ad occupare posizioni di governo e di potere furono personaggi come il Maresciallo Santa Cruz, oggi eroe nazionale di Bolivia, che durante vari anni della guerra liberatrice, combatté con i realisti, avendo fra i suoi incarichi niente meno che la sanguinosa repressione del sollevamento patriottico di La Paz nel 1809.”

Affranto, così lo segnala Paz: “Non può rattristarsi meno l’immaginazione

di un argentino e di un soldato dei primi anni della guerra d’indipendenza, considerando quel poco che hanno servito per il loro paese e per quegli stessi soldati e quei sacrifici, per vedere che solo servirono per facilitare il cammino ad altri guerrieri che furono più fortunati e aiutare la carriera quelli di Santa Cruz e altri tanti che come loro fecero la guerra più ostinata a quella stessa indipendenza, della quale adesso sono i grandi dignitari e i veri usufruttuari, mentre i più antichi e i più leali soldati de la gran causa d’America si trascinano in una esistenza penosa nell’oscurità, la proscrizione, la miseria e il dimenticatoio.”

Sono alcune di queste testimonianze che danno un fondamento al mio interesse per riscattare la figura di Juana e delle donne che continuiamo a ricordare nella nostra vita di ogni giorno. L’obiettivo principale di questo monologo è dare luce e forza alle tante donne che mantengono alta la fronte, davanti all’ingiustizia, al dolore, alla perdita e all’oblio della società verso le loro lotte.

Ai nostri giorni, molti dei popoli originari latinoamericani continuano a rivendicare i loro diritti e non hanno alcuna visibilità agli occhi di una società che nega avere delle radici originarie. Le immigrazioni europee hanno creato nell’immaginario collettivo l’idea che gli argentini “proveniamo dalle barche” però basta guardare indietro a meno di 100 anni nella nostra storia per vedere che nel nostro territorio i popoli originari vivevano e attuavano la loro autonomia molto prima dell’arrivo degli invasori. Come appartenente a una generazione che sconosce una larga parte della nostra storia patria sento la necessità di stimolare una riflessione sull’identità dei popoli originari di questo paese e di personaggi di spicco come Juana Azurduy, e desidero farlo con i mezzi che più mi stanno a cuore: l’arte ed il teatro.

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In questo monologo Juana è un personaggio corale, che racchiude nel suo dramma quello della violenza, della discriminazione, degli abusi e delle sconfitte che subiscono molte donne attorno al pianeta. È un’ Antigone dell’Alto Perù, una Medea delle Ande, un’Ursula Buendia della Sierra, una Violetta Parra dell’Immaginazione, una sciamana del deserto Messicano, una migrante illegale che tenta di attraversare il deserto… è una e tutte allo stesso tempo.

Il sito della compagnia: www.itinerante.net

L’Ex Asilo Filangieri si trova in vico Giuseppe Maffei 4 (via San Gregorio Armeno) Napoli

Come arrivare all’Asilo

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